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Disagio giovanile e prevenzione delle tossicodipendenze
Staff di ricerca: Dott. Vincenzo Abbracciavento - Responsabile scientifico; Isabella D’Ambrosio – Psicologa; Francesca Spagnolo – Psicologa; Graziano Fumarola – Sociologo; Maurizio Nazzaro – Cantautore
La ricerca si è posta l’obiettivo primario di analizzare il rapporto tra i giovani e il loro tempo libero, nelle pratiche di vita quotidiane e nelle percezioni individuali, in relazione ai fattori di rischio e disagio legati a specifici comportamenti, quali, ad esempio, il consumo di sostanze alcoliche e stupefacenti. Più in generale, la ricerca ha voluto «”fotografare” in modo ampio le caratteristiche dei soggetti, non solo per quel che concerne opinioni, conoscenze, comportamenti ed accadimenti di specifico interesse, ma anche per quel che riguarda il contesto sociale di ognuno, in modo da disporre di un quadro complessivo all’interno del quale tentare poi di estrarre indicazioni utili al fine di promuovere iniziative di carattere sociale e culturale che possano migliorare la qualità di vita dei giovani» (p. 6).
Nelle sue parti specifiche, la ricerca sul disagio giovanile ha monitorato gli interventi di educazione alla salute nelle strutture scolastiche (37 scuole coinvolte), ha individuato i nuovi stili di vita giovanili, ha, infine, indagato sulla percezione e la gestione del tempo libero e del disagio dei ragazzi. Il lavoro si è sviluppato attraverso un articolato piano di interventi:
- interviste agli esperti che si sono occupati degli interventi di educazione alla salute realizzati nella scuola polo;
- rilevazione degli interventi di educazione alla salute realizzati nelle scuole del territorio;
- focus group con gli studenti come momenti di confronto e condivisione con gli alunni delle scuole medie superiori relativi a tematiche ritenute fondamentali nell’età adolescenziale;
- somministrazione di questionari per la rilevazione delle principali tendenze giovanili, con particolare attenzione alle attività svolte nel tempo libero;
- raccolta di informazioni relative alla percezione delle emozioni e alle diverse modalità di gestione delle stesse.
Dall’analisi complessiva degli interventi, emergono alcune considerazioni importanti sull’universo giovanile e sulle possibili azioni di partecipazione e formazione che le istituzioni scolastiche, gli esperti, la comunità devono intraprendere.
Dal punto di vista dei ragazzi, sembra che essi non abbiano una chiara consapevolezza dei rischi a cui sono esposti: «il rischio è considerato lontano» (p. 6), ed è associato al danno o al malessere fisico, piuttosto che a condizione psicologiche. Il tempo libero è per questi giovani il momento dello svago e della libertà, intesi spesso come possibile trasgressione alle regole del mondo degli adulti. In proposito, i ragazzi si ritengono comunque in grado di riuscire a discernere cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è pericoloso e ciò che, invece, è sicuro e salutare.
La percezione del rischio negli adolescenti
Inoltre, colpisce la forte incapacità degli adolescenti non solo nel comunicare le proprie emozioni ma anche nel riconoscere ad esse un ruolo fondamentale nel proprio percorso di crescita. Infatti, dai questionari, emerge che una buona parte dei ragazzi riferisce di non parlare con nessuno dei propri problemi: di “tenersi tutto dentro”.
Dal punto di vista della formazione, invece, si può trarre la conclusione che il grande limite degli interventi sia la difficoltà di programmazione continua e non episodica o emergenziale. E questo a causa di una cronica limitatezza di tempo e risorse disponibili.
Infatti, dicono gli autori della ricerca, «sarebbe auspicabile la realizzazione di un osservatorio permanente sui cambiamenti dei modelli e dei bisogni emergenti così da rendere l’offerta formativa sempre congruente e coerente con la”domanda”» (p. 4). La maggiore continuità nella realizzazione di interventi di tipo formativo potrebbe favorire processi di autoriflessività e acquisizione di consapevolezza nei ragazzi.
Infine, una proposta concreta riguarda anche la metodologia degli interventi, che dovrebbe prevedere più spazio per attività partecipative, come laboratori emozionali e formativi, rispetto alle tradizionali attività meramente informative. L’uso di strumenti quali la musica, l’arte, i linguaggi creativi consente, infatti, ai ragazzi di non sentirsi semplici e passivi fruitori delle attività di educazione alla salute ma di diventarne i veri attori protagonisti.