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Stili di vita, consumi giovanili e ambienti di sviluppo

Staff di ricerca: Prof. Luigi Za - Responsabile scientifico; Prof. Giacomo Toriano - Direttore di ricerca; Dott.ssa Tonia Favale – Coordinatrice di ricerca; Dott. Giuseppe Gaballo – Assistente di ricerca; Dott.ssa Paola Valentina Scialpi – Elaboratrice dati; Dott.ssa Graziana Basile – Intervistatrice; Dott.ssa Santina Ciriolo – Intervistatrice; Dott.ssa Luciana Luisi – Intervistatrice; Dott.ssa Ornella Ricchiuto – Intervistatrice; Dott.ssa Lucia Surano – Intervistatrice

La ricerca si è concentrata sull’approfondimento e l'esplorazione dell'universo giovanile, utilizzando metodi e tecniche tese a rilevarne gli aspetti più rilevanti, sia comportamentali che relazionali, nella consapevolezza che il mondo dei giovani è tutt’altro che omogeneo: sarebbe infatti più opportuno parlare di “mondi giovanili”. Diversi sono, infatti, gli stili di vita, gli ambienti di sviluppo, i modelli e le opportunità di consumo che investono i giovani e rendono incerte le modalità di comunicazione e di relazione fra le generazioni.

In questa chiave l’indagine ha riguardato: i contesti vitali significativi, gli interessi ed i consumi culturali, gli spazi e le attività del tempo libero, i valori e i comportamenti. Il lavoro si è svolto attraverso un piano articolato di interventi che hanno esploratoattraverso un questionario ben strutturato:

- L’universo degli studenti e le loro famiglie
- La relazione con la scuola,il rapporto tra pari, gli interessi ed i consumi culturali.
- Le norme d i valori emersi

Per quel che riguarda l’identikit degli studenti e delle famiglie ,lo strumento di rilevazione è stato il questionario colloquiale, somministrato da un gruppo di intervistatori a un campione di 375 studenti delle scuole superiori della provincia di Bari.

Particolare attenzione è stata posta all’individuazione del campione al fine di assicurarne la rappresentatività. Considerando che un’estrazione casuale semplice dei casi da intervistare avrebbe potuto portare, vista l’estensione dell’universo di riferimento, alla sottorappresentazione di alcune variabili, sono stati adottati criteri di stratificazione proporzionale, prima di procedere all’estrazione casuale: tipo di scuola frequentata, età, sesso.(pp.9-10)

Nello specifico, il contesto familiare di riferimento non risente delle trasformazioni che investono da tempo l’istituzione familiare nella nostra società, manifestandosi in un numero crescente di separazioni e divorzi,infatti il 92% dei ragazzi intervistati vivono in famiglia con entrambi i genitori, e solo in 5% abita con un solo genitore a seguito di divorzio o separazione. Si tratta di un dato che indica una incidenza di separazioni e divorzi sensibilmente inferiore alla media nazionale, a conferma del valore della famiglia e della tenuta, almeno formale, dell’istituto familiare nella società meridionale. Tanto più che per il 95% si tratta di famiglie con più figli, poiché solo il 5% degli intervistati è figlio unico.(pp11-12)

In considerazione dell’importanza dell’influenza dei genitori nel condizionare le scelte e l’ambiente in cui si sviluppa la personalità dei giovani si è ritenuta opportuna, in sede di analisi ed interpretazione dei dati, la costruzione di un indicatore del clima culturale all’interno della famiglia, basato sul titolo di studio dei genitori. Si è così ottenuta, dai dati del campione, una scala del “clima culturale” con valori che variano da 0 a 25, a loro volta raggruppati in tre fasce:

- fascia 1, o bassa (valori da 0 a 4): raccoglie i titoli non superiori alla scuola dell’obbligo
- fascia 2 o media (valori da 5 a 9): titoli compresi fra la scuola dell’obbligo e il diploma
- fascia 3 o alta (valori da 10 a 25): titoli superiori al diploma.

Come era da attendersi, vista la distribuzione dei titoli di studio, nella maggior parte dei casi il “clima culturale” ricade nella fascia 1 (47%), poi nella fascia 2 (39,5%), infine nella fascia 3 (13%). Alla luce di questo indicatore conviene tornare sul tipo di scuola scelta dai giovani, poiché l’influenza del clima culturale mostra qui tutta la sua evidenza. Infatti nella fascia 3 la scelta del liceo riguarda il 70% dei casi (a fronte del 54% della fascia 1 e del 28% della fascia 1).

Inversamente, solo l’8% della fascia 3 ha optato per il professionale, mentre tale scelta ha riguardato il 17% della fascia 2 e il 34% della fascia 1. In sintesi, vi è stretta correlazione fra clima culturale e scelta del tipo di scuola, in cui si manifesta l’influenza del titolo di studio dei genitori nell’indirizzare i figli verso carriere scolastiche proiettate al mondo del lavoro (pp.13-14-15).

In generale, i dati emersi dimostrano quanto profonda sia stata la trasformazione dell’istituto familiare; nel volgere di due o tre generazioni è praticamente scomparso il modello autoritario a favore di un rapporto fondato sul dialogo in cui, tuttavia, i ruoli sono incerti e più difficili da interpretare, e le funzioni da svolgere più negoziabili. Quanto questa diversa rappresentazione sia realmente efficace se si preferisce, funzionale) oppure si ridefinisca come una nuova retorica dell’istituto familiare, questione da ritenersi degna di approfondimento.(pp.19-20-21)

Proseguendo con la lettura dei risultati relativi al rapporto degli studenti con la scuola, proponendo un confronto fra i motivi che hanno portato i ragazzi a scegliere la scuola e la cultura familiare di appartenenza, si può notare che i ragazzi che hanno i genitori con un livello culturale alto per il 64,9 % hanno scelto la scuola perché sono portati per le materie insegnate. Tale dato si abbassa sempre di più secondo il livello culturale della famiglia raggiungendo il 49,7 % al livello basso dove per il 21,9 % si privilegia la scuola che permette loro di trovare subito lavoro, quindi una scuola che dia ai ragazzi il diploma(pp.30-31).

Per indagare sul clima relazionale all’interno della scuola si è ritenuto opportuno chiedere agli studenti se, da quando frequentano le scuole superiori, abbiano mai subito prepotenze o violenze da parte di altri studenti. A tale domanda gli intervistati hanno risposto per il 93,3 % negativamente, perciò dei 375 intervistati 25, pari al 6,7 %, hanno risposto affermativamente. Questo dato potrebbe sembrare quantitativamente rassicurante ma in realtà non lo è poiché esiste il 6,7 % di studenti che subisce prepotenze di vario tipo. Di questi il 36 % si è rivolto ai genitori per essere aiutato, il 12 % agli amici o compagni di scuola, il 16 % agli insegnanti e addirittura il 52 % non lo ha detto a nessuno. Dato questo sconcertante poiché il denunciare una prepotenza rimane ancora un tabù.(pp.35-36)

Nell’area del questionario che indaga i rapporti tra i ragazzi nel gruppo dei pari emerge che gli argomenti, maggiormente affrontati nei gruppi amicali, affrontano i soliti temi dello svago (sport-musica-spettacoli) e la preoccupazione principale è costituita dai rapporti con gli altri dello stesso sesso e dell’altro sesso. Poco spazio, invece, è dato ai problemi familiari e sociali e si rileva una certa “timidezza” nell’affrontare i temi sulla sessualità: sono soprattutto i maschi e i frequentanti il triennio a discuterne maggiormente rispetto alle altre categorie. Un discorso a parte è da fare quando si analizza il campione dal punto di vista del livello d’istruzione dei genitori. Sebbene le tre categorie riflettano l’andamento generale del campione, tuttavia coloro che hanno genitori con titolo di studio alto sono meno propensi a parlare di altri argomenti, sebbene lo sport abbia conseguito un punteggio abbastanza alto dovuto comunque alla controparte maschile di questo sub-campione. Sono soprattutto i ragazzi con genitori dal titolo di studio basso a ritenere quasi di uguale importanza i discorsi sugli affetti e le relazioni e lo sport, non disdegnandone altri come la musica, gli spettacoli e i divertimenti(pp.46-47)

Per far emergere quali siano gli interessi ed i consumi culturali, il gruppo di ricerca non si è soffermato ad esplorare la situazione generale riguardo ai momenti e agli strumenti del tempo libero, ma è andato oltre chiedendo nello specifico le ore passate davanti alla tv e davanti al computer, specialmente con internet. Ciò perchè questi due strumenti possono essere considerati anche concorrenti delle attività scolastiche (soprattutto nel caso della tv) o, al contrario, coadiutori dello studio (soprattutto nel caso del computer e di internet). Inoltre, è importante capire i contenuti di tali momenti, soprattutto se letti in chiave di crescita personale-culturale del giovane. I film televisivi e di cinema mettono quasi tutti d’accordo, se non fosse che tra i maschi si prediligono i programmi sportivi e gli iscritti al professionale, in maggioranza maschi, i varietà. Infine, le ragazze dimostrano più interesse per i film e sono meno interessate degli altri al resto dei programmi. In generale, i ragazzi del campione sono poco interessati ai vari format televisivi e restano ancorati maggiormente ai film. Sembra che la tv non offra programmi idonei alla loro fascia d’età, momento di passaggio in cui si abbandonano progressivamente i cartoni animati, format “da bambini”, e ci si uniforma ai gusti degli adulti. Tuttavia, è da dire che i ragazzi del campione non abbandonano completamente l’idea di dare uno sguardo al mondo attraverso i telegiornali, mentre considerano poco “reali” e piuttosto noiosi i contenuti offerti dai reality show. In sintesi, i soggetti del campione preferiscono gli spettacoli che offrano azione, un certo ritmo e contenuti dinamici e vari (pp. 54-55)

Nella direzione delle forme di associazionismo praticate il nostro campione di studenti si divide tra chi sceglie di passare una parte del proprio tempo libero settimanale chi preferisce tendenzialmente forme aggregative che consentono prevalentemente lo svago, come conferma l’alto punteggio ottenuto dalle associazioni di tipo sportivo e ricreative/hobbistiche (53,2%). Tra le forme associative che implicano un certo impegno, anche se solo intellettuale, sopravvivono quelle religiose; ma sappiamo che in quest’ultime si organizzano spesso momenti di svago e attività ludiche (recite teatrali, musical, ecc.), nonché gite “fuori porta” e comunque offrono sempre ampi spazi dove i ragazzi possono riempire liberamente il tempo libero in parrocchia o in oratorio in assenza degli adulti. Per quanto riguarda, invece, le associazioni più particolari come quelle culturali, è normale trovare pochissimi giovani a farne parte, data l’età. Probabilmente occorre chiederci se esista un sostrato culturale (adulto) che faccia da humus per queste iniziative o forme aggregative; quindi, occorre partire prima ancora dagli adulti, i quali sono chiamati a invogliare con l’azione, più che con la parola, le nuove generazioni per far crescere in loro interessi culturali specifici e corrispondenti forme aggregative. Nell’area del questionario che ha indagato gli orientamenti di valore dei giovani studenti è emerso che in assoluto tra le cose ritenute più importanti al primo posto c’è la famiglia, da tutti senza differenze di genere, età e livello di istruzione della famiglia, tanto che nessuno degli intervistati l’ha ritenuta poco importante: è ancora una conferma di quanto questa istituzione non solo resti punto di riferimento importante per i giovani, ma tendenzialmente diviene sempre più indispensabile il micro universo su cui contare in una epoca in cui non è semplice orientarsi e trovare solidi agganci che diano sicurezza al crescente smarrimento e disagio. Nel Mezzogiorno poi, la famiglia perdura come struttura sociale centrale da cui i singoli si aspettano di più per soddisfare gli affetti, ma anche il sostegno economico e l’assistenza.Al secondo posto si dà uguale importanza all’amicizia e al rispetto degli altri. Se per l’amicizia non sorprende che i giovani la pongano ai primi posti dei loro valori, senza distinzioni rilevanti tra le varie categorie, è indicativa la seconda segnalazione, il rispetto degli altri, più sentito dalle donne per una maggiore sensibilità, e da chi proviene da famiglie con un livello di istruzione medio-alto, a indicare l’importanza dell’educazione familiare. È platealmente smentita l’opinione comune che attribuisce ai giovani atteggiamenti e comportamenti strafottenti e irrispettosi; con un pizzico di malizia si potrebbe supporre che sono gli adulti a provocare nei giovani atteggiamenti inurbani. A conferma subito dopo, con un lieve scarto, è segnalato il senso di responsabilità: quindi, nei primi quattro posti i giovani ritengono di dover segnalare come auspicabili due valori che si potrebbero definire virtù civiche, con buona pace di chi vede in essi coloro che mettono in crisi la convivenza sociale. Al quinto posto, ma con uno scarto significativo di dieci punti, è segnalata l’attività che è considerata più tipicamente di quella età, lo svago e il divertimento. L’amore è solo al sesto posto, un dato sorprendente poiché questo sentimento è solitamente predominante nelle classi di età degli intervistati; in indagini condotte solo pochi anni fa su universi simili, era costantemente al secondo posto subito dopo i legami familiari.(pp.71-72)

Nel sottoporre alla valutazione degli intervistati i comportamenti che violano la legalità, sono state escluse volutamente gravi azioni delittuose, includendo solo possibili “illegalità quotidiane”, quelle che il cittadino comune potrebbe commettere (o almeno vi è tentato).Guidare sotto l’influenza dell’alcol è, fra quelle proposte, l’azione in assoluto più condannata dai giovani, ben dall’86,4%, smentendo la generalizzata sbornia settimanale del sabato sera. Danneggiare i beni pubblici è considerato atto gravissimo dal 68,3%: può stupire questo senso di civismo tra i giovani considerati “distruttori di panchine” e si può ipotizzare che tale condanna netta sia dovuta certamente al rispetto della “cosa pubblica”, ma di più al desiderio di fruire del “bene comune”.

Vi è anche il rispetto della proprietà privata se la maggioranza degli intervistati (67,5%) giudica severamente Compiere furtarelli nei negozi, mentre meno severa è la condanna per chi evade le tasse, non rispetta le norme dl traffico e, soprattutto, viaggia sui mezzi pubblici senza pagare: evidentemente quando si tratte di morale civica la riprovazione è più blanda e in questo hanno un ottimo esempio dagli adulti. Più tolleranti sono gli intervistati verso coloro che violano la comune morale sessuale e familiare infatti, facendo la media ponderata, se il 56% ritiene gravissimi i comportamenti che violano la legalità, solo il 13% esprime lo stesso giudizio sui comportamenti che violano la morale sessuale e familiare. L’indicatore più significativo della rivoluzione sessuale avvenuta negli ultimi decenni è dato dalla constatazione che il tabù dell’omosessualità sia caduto, almeno tra i giovani. Tra gli intervistati solo il 18% lo ritiene un comportamento gravissimo, mentre più del 61,1% lo considera una libera scelta della propria sessualità. Le donne sono più comprensive degli uomini, e ancora più disponibile chi vive un clima culturale familiare più elevato: il 70,5% delle prime la accetta senza riserve, e solo il 5,4% dei secondi la ritiene un orientamento sessuale molto riprovevole.

Leggermente più critici i più giovani e ancora più significativamente gli intervistati che in famiglia vivono un clima culturale di basso livello: mentre per i primi si può ipotizzare che, attraversando una fase di conferma della propria identità, devono vincere le ansie relative alla propria sessualità, per i secondi è più probabile l’influenza di un clima culturale permeato dal mito del “macho”(pp.78-79). Per quel che riguarda il mondo dell’alcool e della droga la birra è la bevanda più comune, seguita da altri alcolici, che possiamo inserire nella categoria “aperitivi”, e, dato allarmante, al terzo posto dai super alcolici a cui sono adusi oltre il 19% dei bevitori del campione, con un 5% che dichiara apertamente di esagerare; il tradizionale vino è relegato al quarto posto con solo il 15% di affezionati. Che l’abuso di alcolici sia pericoloso, o comunque una cattiva abitudine, è ben presente alla quasi totalità degli intervistati : infatti un 64% ritiene che l’eccedere nel bere procuri danni fisici e psicologici e un altro 32,5% che l’uso continuato può provocare danni, anche se questi ultimi sono più possibilisti affermando che si può smettere facilmente di bere, evidentemente pensano alla loro esperienza e cercano una giustificazione all’uso che fanno delle sostanze alcoliche. Solo il 3,5 % degli intervistati pensa che il rischio dell’alcolismo non sia particolarmente grave o che, comunque, sia un falso problema.

I giovani e la droga è un tema su cui si scrive tanto, si discute tanto, si immagina molto: in realtà è da ribadire in primo luogo che la droga non è un esclusivo consumo del mondo giovanile; in secondo luogo che la maggioranza dei giovani non fa uso di alcuna droga, e tra quelli che ne fanno uso bisogna sempre valutare quando, come e quanto la utilizzano. Ciò per evitare generalizzazioni che non solo producono stigma sulle nuove generazioni, ma impediscono una reale conoscenza del problema e, quindi, possibili interventi di prevenzione e di recupero.(pp-84-85-86-87) Per ciò che riguarda la, per così dire, futura sistemazione nella sfera affettivo-sentimentale, in altri termini se sono orientati ad avere una vita coniugale, circa la metà è abbastanza d’accordo che la cosa più importante sia sposarsi e farsi una famiglia e il 39,5% è molto d’accordo. E’ da rimarcare che in questa convinzione si distinguono più gli uomini che le donne, chi viene da famiglie con un basso livello di clima culturale rispetto a chi vive in un clima culturale più alto. Di contro la vita da single, che consentirebbe di conservare la propria libertà e fare più esperienze , ha degli indici molto più basse.Possiamo dire che in fondo questi giovani non sono poi così lontano dai padri nell’aspirazione alla stabilità affettivo-sentimentale e alle sicurezze che può dare una famiglia.(pp:89-90)

Il quadro fornito dalla ricerca offre diversi elementi di conoscenza e di riflessione sul complesso rapporto fra il mondo dei giovani e gli ambienti sociali della loro quotidianità. Complessità inevitabile, se si considera la sostanziale disomogeneità dell’universo giovanile, specie in una fase della vita, l’adolescenza, in cui la frequente compresenza di modi di essere orientati di volta in volta a individualismo o a spirito gregario rendono contraddittori i comportamenti e gli atteggiamenti. Inoltre non bisogna dimenticare che la ricerca, come sempre accade, più che dare risposte nette e definitive aiuta a ridefinire i termini delle questioni suscitando nuove e più pertinenti domande. Se nel recente passato la questione giovanile, fra famiglia, scuola e società, si poneva come problema di “modernità incompiuta”, oggi l’orizzonte si colloca per un verso più lontano (nei territori in parte sconosciuti delle nuove forme di comunicazione), dall’altro riavvicina i protagonisti nella necessità di ridefinire linguaggi, relazioni, valori. Questo non è un processo esplicitamente in atto, ma può diventare un progetto.